Cavallucciodi Francesco Pacienza

Il mar Mediterraneo (il mare nostrum, per gli antichi romani) da sempre considerato un mare chiuso, anzi il più chiuso del pianeta, ma a dispetto di questa attribuzione il Mediterraneo ha subito nel corso delle ere geologiche molti mutamenti e cambiamenti. Le caverne che cospargono i fondali del Mediterraneo testimoniano queste continue evoluzioni e cambiamenti dovute al suo innalzamento o al suo abbassamento, infatti non è raro imbattersi in caverne con delle stupende sculture architettoniche naturali formate da stalattiti e stalagmiti. Tanto belle e superbe da essere paragonate a cattedrali subacquee in cui la natura modella le sue forme più suggestive.

A questo fenomeno di mutamenti evolutivi di carattere geologico non si sono sottratte la flora e la fauna che nel corso dei secoli si sono succeduti sui fondali del mar Mediterraneo. Ma si può ancora parlare del Mediterraneo in termini di un “mare chiuso” anche in termini di biodiversità, ossia di specie animali e vegetali endemiche dell’habitat?

Da qualche tempo stiamo assistendo alla comparsa di specie “aliene”, ossia di specie viventi tipiche di altre regioni del mondo e di altri mari che iniziano a fare la loro comparsa nel Mediterraneo o di altre che vi si sono stabilite da tempo.

Essenzialmente sono due i fattori che hanno determinato il proliferare di tale fenomeno: i cambiamenti climatici ed il relativo innalzamento della temperatura delle acque del Mar Mediterraneo unitamente alla migrazione lessepsiana, dal nome di Ferdinand De Lesseps,  attraverso il canale di Suez. C’è da dire che quest’ultimo fattore risulta particolarmente rilevante per la migrazione di molte specie; questi “migranti” non sono solo pesci ma anche vegetali come la Caulerpa racemosa o nudibranchi, molluschi senza conchiglia, come il Chromodoris quadricolor.

Tale “invasione” contaminante può essere il retaggio di un passato geologicamente prossimo in cui esisteva solo la Tetide, unico oceano di acqua abbastanza calda in cui sguazzavano e vivevano specie tipiche dei reefs tropicali e del mar Rosso, o piuttosto una conseguenza dei veloci cambiamenti climatici di cui ogni angolo del nostro pianeta è affetto.

Con la creazione del canale di Suez termina l’isolamento del mar “chiuso” Mediterraneo ed inizia una lenta migrazione dal mar Rosso; sono poche le specie che hanno percorso il tragitto inverso  sia a causa delle correnti che spingono verso nord per la quasi totalità dell’anno sia per l’enorme quantità di diversità presente nel mar Rosso che non permette fenomeni di colonizzazioni. Ecco che nelle acque della Calabria e della Sicilia appaiono i pesci Pappagallo (Sparisoma cretense), pesci Balestra (Balistes capriscus), Barracuda (Sphyraena sphyraena) vivere accanto ed in sintonia con nostrane specie. Proprio osservando il proliferare di tali specie “aliene” ci sorprende la straordinaria capacità di adattamento a queste continue e veloci trasformazioni da parte del Mediterraneo. Anche in forza di tali fenomeni si parla sempre più spesso di tropicalizzazione delle acque del Mediterraneo.

Elemento determinate di tali mutamenti della biodiversità e dei cambiamenti climatici è l’attività dell’uomo; con l’apertura del canale di Suez, per favorire le rotte commerciali, si sono favorite le vie di migrazioni di specie tipiche dell’oceano Indiano come la Melibe fimbriata, osservabile sui fondali della costa calabrese del Reggino e del canale di Sicilia, altre specie giungono, sempre attraverso il canale di Suez, attraverso le navi che vi transitano divenendo i mezzi di locomozione di alcune specie come la Oculina patagonica che si può trovare nel mar Ligure; le continue immissioni in atmosfera di gas serra contribuiscono notevolmente all’innalzamento della temperatura delle acque del mar Mediterraneo ed alla sua relativa tropicalizzazione diventando l’habitat ideale e quasi endemico della Donzella pavonina (Thalassoma pavo) o la Bursatella leachi un simpatico nudibranco dal corpo ricco di crescenze dalle dimensioni di circa 8 cm che è ormai diffuso anche nelle aree settentrionali del Mediterraneo.

Paradossalmente si può parlare di ricolonizzazione da parte di queste specie tropicali ed Indo-Pacifiche perché milioni di anni fa, quando esisteva solo la Tetide, queste erano già presenti come testimoniano rinvenimenti fossili in alcune aree dell’Italia del Nord.

Queste specie, dette lessepsiane, entrano nel Mediterraneo attraverso questa “porta” aperta e trovando acque con temperature simili alla loro provenienza trovano di sicuro un habitat maggiormente favorevole alla loro permanenza. Al momento la presenza di queste specie non rappresenta un problema in quanto la loro quantità non è tale, se si esclude qualche specie come la Donzella pavonina, da indurre a parlare di fenomeni di colonizzazione.


Le foto di questo articolo
Torna in alto