Voglio riportare a titolo di esempio quanto accaduto, realmente, durante una riunione di giuria di cui facevo parte in un prestigioso concorso per stampe: durante la visionatura e valutazione delle stampe categorizzate in un tema facente parte dei temi in cui il concorso si articolava, il direttore artistico esclama che le foto che stava osservando andavano escluse perché realizzate tramite Photoshop (il diabolico, il santifico, il magico Photoshop). La mia curiosità mi spinge a voler vedere queste foto così palesemente contraffatte: erano due foto realizzate con una particolare tecnica, molto utilizzata nella fotografia macro terrestre e naturalistica. Inutile dire che dopo aver spiegato la tecnica utilizzata e la sua realizzazione una di quelle foto si è aggiudicata il primo posto: niente Photoshop, nessuna manipolazione, niente di niente ma solo pura tecnica fotografica per valorizzare la propria creatività e il soggetto ripreso.
Questo episodio evidenzia come una scarsa conoscenza della fotografia in tutte le sue sfaccettature può creare danni oltre a impedire una crescita, sia per gli autori sia per i fruitori, che non sia basata sulla standardizzazione e sulla ripetitività fotocopia.
Vorrei concludere riportando quanto scritto in un altro articolo sulla fotografia presente sul mio sito:
Dissertazione sulla fotografia. Il mondo sommerso, secondo il mio punto di vista, può essere rappresentato in due modi: in maniera descrittiva e documentaristica o in maniera creativa. Parafrasando Ferdinando Scianna “il mondo sommerso è lo specchio del fotografo e spetta a lui interpretarlo nel migliore dei modi tecnicamente e culturalmente, senza paletti o limiti che non siano intrinsechi al rispetto dell’ambiente”.
Spetta ai giurati o a coloro che aspirano ad esser tali essere preparati culturalmente e tecnicamente per ben saper interpretare e valutare i nuovi contenuti espressivi e di comunicazione che è necessario adottare per non avere foto piatte e ripetitive.